PMI sta davvero mirando a un futuro «senza fumo»?

Pubblicato originariamente su https://exposetobacco.org/news/pmi-smoke-free-future/

10.08.2023

Nell’aprile 2019, Philip Morris International (PMI) – la più grande multinazionale del tabacco – ha lanciato un’iniziativa dal titolo a prima vista ironico, ossia «Unsmoke Your World». La campagna, tuttora in corso, è parte a sua volta di un’operazione globale di comunicazione in cui PMI afferma di mirare a un «futuro senza fumo». Per atteggiarsi a modello di salute pubblica, la multinazionale promuove instancabilmente la sua linea di prodotti «senza fumo» quale soluzione all’epidemia provocata dal consumo di sigarette – ossia da quello che era e resta il suo prodotto principale.

di STOP

Ma è possibile che un’azienda possa davvero offrire «un futuro senza fumo» se continua a produrre e vendere ogni anno miliardi di sigarette, a farne la pubblicità mirando ovunque alla popolazione più giovane e a combattere politiche che sono provatamente in grado di ridurre il tabagismo?

Tutti gli appelli lanciati da PMI per rinunciare alle sigarette, infatti, sono pura ipocrisia. Basti pensare che durante il primo anno della campagna «Unsmoke», in Indonesia la multinazionale ha lanciato una nuova marca di sigarette con un forte tasso di catrame e nicotina, in Uzbekistan ha esteso le sue capacità di produzione (di sigarette, ovviamente) e in Argentina ha promosso e venduto sigarette aromatizzate, oltretutto nel quadro di un festival musicale destinato a un pubblico giovane.

Immagine: STOP

La comunicazione aziendale di PMI suggerisce inoltre che non ci sbarazzerà dal fumo in un futuro tanto prossimo. Di recente, nel corso della conferenza stampa sui suoi risultati del 2022, ha annunciato con molta soddisfazione la crescita degli utili che ha registrato grazie alla vendita di sigarette, affermando che: «nel settore dei prodotti combustibili, abbiamo ottenuto una performance di tutto rispetto, con una crescita del 3.7% dei ricavi netti organici... » [trad. dall’originale inglese].

Mentre la retorica «senza fumo» di PMI non sembra avere limiti, ecco tre importanti ragioni per le quali l’opinione pubblica e le persone che prendono le decisioni a livello politico dovrebbero continuare a diffidare dei messaggi sbandierati dalla multinazionale.

PMI produce sempre e ancora miliardi di sigarette ogni anno

Per capire che quelle di PMI sono solo affermazioni ipocrite, basta osservare il suo fiorente business delle sigarette. Secondo il rapporto nel quale riassume i suoi risultati annuali, nel solo 2022 ha venduto qualcosa come 621 miliardi di sigarette. Mentre il volume fornito tra il 2021 e il 2022 è diminuito su alcuni mercati, è invece aumentato di quasi il 5% in Medio Oriente e in Africa, di circa il 2% nell’America del Nord e del Sud e dell’1,5% nell’Asia del Sud e del Sud-Est. Non c’è nulla di «senza fumo» nel fornire un tale volume di sigarette in queste regioni del pianeta.

Pur se nei suoi messaggi PMI accenna al fatto che è meglio non iniziare mai a fumare, non si stanca di incoraggiare il consumo di sigarette, e questo anche presso popolazioni che storicamente presentano un tasso ridotto di fumatrici e fumatori. Un recente studio sulle pubblicità per sigarette apparse nei giornali israeliani ha rilevato che l’87% degli annunci mirava alla popolazione haredi, ossia una parte della popolazione nella quale si registra il più basso tasso di fumatrici e fumatori.

Inoltre, PMI non cessa di battersi per mantenere la possibilità di promuovere i suoi prodotti. Nel 2020, ad esempio, la sua filiale indonesiana, PT HM Sampoerna, ha chiesto a un funzionario del governo a Bali di revocare il divieto di pubblicizzare le sigarette negli spazi pubblici. In Svizzera PMI ha finanziato una contro-campagna per convincere le cittadine e i cittadini a votare contro un divieto di pubblicizzare il tabacco inteso a proteggere le persone più giovani. Lo scopo della pubblicità è acquisire nuova clientela. Se PMI crede veramente che sia meglio non fumare sigarette, perché continua a farne la promozione?

Con ogni probabilità, la maggiore alternativa «senza fumo» proposta da PMI non è né «senza fumo» né più sicura

Gran parte del bla bla di PMI sul «senza fumo» non riguarda tanto l’interruzione del consumo di tabacco, quanto piuttosto la promozione di nuovi prodotti contenenti tabacco e nicotina – o «alternative senza fumo», come la multinazionale preferisce chiamarle. In altre parole, ciò che fa è semplicemente incoraggiare le consumatrici e i consumatori di sigarette convenzionali ad adottare IQOS, il suo articolo di punta nella gamma dei dispositivi a base di tabacco riscaldato, noti anche come prodotti HTP (heat tobacco product).

Ma i prodotti a base di tabacco riscaldato sono davvero «senza fumo»? Un’analisi del 2022 ha stabilito che quanto emesso da un dispositivo IQOS rientra sia nella definizione di «aerosol» (il termine utilizzato da PMI) sia in quella di «fumo». Un altro studio ha rivelato che le emissioni di IQOS contengono alcuni degli stessi costituenti nocivi che sono indice di processi termici fumogeni, quali la combustione delle sigarette. Come spiega un ricercatore, il termine «combustione» può avere due significati, ossia combustione vera e propria ma anche carbonizzazione, e studi indipendenti hanno confermato che i bastoncini di tabacco utilizzati nei dispositivi IQOS sono effettivamente carbonizzati.

Inoltre: i prodotti a base di tabacco riscaldato sono effettivamente un’opzione più sicura? In merito non vi è ancora una quantità sufficiente di dati indipendenti. Alcuni dei dati riuniti finora, tuttavia, permettono di sollevare dubbi sulla sicurezza di questi prodotti. Diversi studi dimostrano che i prodotti a base di tabacco riscaldato espongono la fumatrice o il fumatore a molte delle stesse sostanze chimiche nocive presenti nel fumo di una sigaretta convenzionale, pur se a livelli inferiori. E, d’altra parte, non è mai stato provato che ridurre i livelli di sostanze chimiche comporti meno rischi per la salute. Infatti, la Food and Drug Administration statunitense ha precisato che PMI non è riuscita a dimostrare che IQOS possa ridurre significativamente i danni o il rischio di malattie legate al tabacco. Inoltre, gli studi condotti dalla stessa PMI hanno identificato ben 80 sostanze presenti esclusivamente nelle emissioni di IQOS oppure a livelli più elevati rispetto al fumo di sigaretta. Tra queste si trovano anche sostanze cancerogene e altre sostanze chimiche potenzialmente dannose.

Le ricercatrici e i ricercatori si dicono preoccupati anche per quanto concerne le conseguenze che un consumo ripetuto di IQOS può avere sulla salute. Uno studio ha esaminato i livelli di radicali liberi presenti nei prodotti di tabacco riscaldato. Si ritiene infatti che questa classe di sostanze tossiche abbia un ruolo nello sviluppo di malattie legate al tabagismo. Se da un lato i prodotti di tabacco riscaldato sembrerebbero emettere meno radicali liberi, dall’altro rilasciano una quantità di nicotina inferiore. Ciò significa che potrebbero spingere la persona a consumare più tabacco per soddisfare il suo desiderio di nicotina, esponendola così a livelli più elevati di radicali liberi. Un altro studio ha espresso il timore che il riscaldamento costante del catrame depositato nel dispositivo IQOS possa generare concentrazioni ancora più elevate di composti nocivi o potenzialmente tali.

Lo scetticismo di fronte ai prodotti pubblicizzati «senza fumo» e ai loro impliciti benefici per la salute è senz’altro giustificato, poiché ben sappiamo che l’industria delle sigarette è abituata a promuovere le sue novità come opzioni a rischio ridotto – basti ricordare l’avvento delle sigarette munite di filtro, oppure delle sigarette cosiddette «light» o «mild». Col tempo, nessuno di questi prodotti si è rivelato effettivamente più sicuro, anzi: in alcuni casi, si è passati dalla padella alla brace.

Non è provato che IQOS aiuti a smettere di fumare

PMI considera che 17.8 dei 24.9 milioni di consumatrici e consumatori di IQOS abbiano smesso di fumare una volta «passati» a questo prodotto. Tuttavia, PMI ha un modo tutto suo di presentare questo «passaggio», che potrebbe trarre in inganno sulla realtà dei fatti. Nel rendiconto sui suoi risultati del 2022 spiega che considera «passata» a un prodotto di tabacco riscaldato qualsiasi persona che vi ricorre per la «totalità del suo consumo giornaliero di tabacco», ma solo nei sette giorni precedenti il sondaggio. Si tratta quindi di una sorta di istantanea, e il periodo preso in considerazione è davvero troppo breve per capire se la persona abbia effettivamente smesso di fumare.

Secondo alcuni studi, molte consumatrici e molti consumatori di IQOS non smettono, e continuano a fumare anche sigarette convenzionali. Questa tendenza al doppio consumo o al policonsumo solleva dubbi sulle effettive potenzialità di questi dispositivi per aiutare le fumatrici e i fumatori a smettere. Analogamente, un’analisi Cochrane del 2022 ha rilevato il fatto che nessuno studio clinico sui prodotti di tabacco riscaldato (la maggior parte dei quali sono stati condotti da PMI) ha esaminato in che modo e in che misura il loro consumo potrebbe aiutare a smettere di fumare.

Quand’è che PMI diventerà veramente «senza fumo»?

PMI contribuirà veramente a disintossicare il pianeta quando smetterà di produrre sigarette, di incoraggiarne il consumo e di opporsi a politiche provatamente efficaci per la riduzione del tabagismo.

Nel frattempo, la multinazionale continuerà con ogni probabilità a vantare la crescita dei ricavi netti derivanti dalla vendita dei suoi prodotti «senza fumo», ma l’opinione pubblica, e in particolare le persone che prendono decisioni a livello politico, non deve dimenticare che ciò è dovuto, in parte, al fatto che PMI sta aggiungendo alla sua gamma questo tipo di prodotti, e non perché starebbe riducendo in modo significativo la produzione di sigarette.

«Unsmoke Your World» e la retorica «senza fumo» che fa da codazzo a questa campagna sono solo operazioni di comunicazione alle quali PMI ricorre per cercare di migliorare la sua immagine. E ci ricordano che il suo scopo ultimo non è proteggere la nostra salute, bensì fare profitti.

STOP è un’organizzazione attiva a livello mondiale, che si è data il compito di sorvegliare l’industria del tabacco in modo da smascherarne le pratiche deleterie per la salute pubblica. È formata da una rete di istituzioni accademiche e di organizzazioni di salute pubblica che osservano da vicino l’industria del tabacco, condividono informazioni per contrastarne le tattiche e portano all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale i suoi comportamenti scorretti. STOP è finanziata da Bloomberg Philanthropies nell’ambito della Bloomberg Initiative to Reduce Tobacco Use. Per maggiori informazioni, rimandiamo al sito exposetobacco.org.