- 28.08.2025
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La riduzione del rischio: una bugia pseudoscientifica
L’industria del tabacco cerca da tempo di ingannare il pubblico facendo credere che alcuni suoi prodotti siano meno nocivi di altri. Per anni ha commercializzato sigarette ricorrendo a termini quali «light» o «mild», provando così a suggerire implicitamente che comportassero un rischio minore. Molti paesi, però, sono finalmente giunti a vietare l’utilizzazione di questi termini menzogneri. Ora la strategia di marketing adottata dai fabbricanti di dispositivi a tabacco riscaldato è della stessa natura, poiché manipola la ricerca scientifica e disinforma il pubblico.
di Malgorzata Posoch, Kris Schürch e Luciano Ruggia
Per comprendere perché il concetto di riduzione del rischio così come utilizzato dall’industria del tabacco per farsi bella sia fuorviante, dobbiamo prima capire come è nato.
Da dove viene l’espressione «riduzione del rischio» ?
Come spiega Maia Szalavitz, autrice del libro «Undoing Drugs», il concetto è apparso negli anni Ottanta a Liverpool (GB), nel contesto della crisi legata all’emergenza dell’HIV-AIDS. Liverpool adottò un approccio pionieristico per affrontare i problemi legati alla diffusione dell’HIV e ai rischi di infezione associati all’utilizzazione di siringhe e altro materiale contaminato da parte delle consumatrici e dei consumatori di droghe. Occorreva in primo luogo ridurre i rischi legati alle iniezioni, e a questo scopo si decise di mettere a disposizione materiale sterile, condurre azioni di sensibilizzazione e prescrivere metadone (un farmaco sostitutivo, somministrato per trattare la dipendenza da oppioidi).
La Svizzera non tardò a seguire lo stesso cammino: le sue prime politiche di riduzione del rischio risalgono alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta, quando il paese si trovò confrontato a una grave epidemia di consumo di eroina. Zurigo era diventata una « città di zombi » a causa della presenza visibile di tossicodipendenti nel centro. I tassi di infezione da HIV e i decessi per overdose erano fortemente aumentati.

Ullstein
Legenda: Un tossicomane nel quartiere zurighese del Letten, 1994 (©Ullstein Bild)
Svizzera e HIV: successo delle politiche di riduzione del rischio
Grazie al suo «modello dei quattro pilastri» – ossia prevenzione, trattamento, riduzione del rischio e repressione – la Svizzera è riuscita a combattere l’epidemia di consumo di eroina con un approccio umano e a 360 gradi. I danni diretti e indiretti legati al consumo di questa sostanza sono stati ridotti a livello della popolazione e questo ha contribuito fortemente a ridurre l’incidenza dell’HIV dell’88%.

aids.ch
Depistaggio dell’HIV: test positivi, per sesso e anno di test dall’inizio dei test, 1985-2023 Fonte: aids.ch
A livello mondiale, tra i successi sul fronte della riduzione del rischio si possono citare anche altri esempi, quali:
- il trattamento fondato sulla prescrizione di agonisti oppioidi, dimostratosi efficace per ridurre i decessi tra le persone consumatrici di droghe in Scozia;
- i locali di consumo a rischio ridotto allestiti a Sydney e a Vancouver, nei quali l’utenza può consumare droghe per via endovenosa in un quadro più sicuro, ed evitare in tal modo il rischio di un’overdose letale;
- i programmi di restituzione e scambio delle siringhe e degli aghi organizzati negli Stati Uniti, con un impatto positivo sulla prevenzione dell’HIV.
La riduzione del rischio è definita da Harm Reduction International come un intervento complesso, che richiede politiche, programmi e pratiche applicati in modo congiunto dalle autorità di salute pubblica. Questo approccio si fonda sui diritti umani e su principi di giustizia, mira in primo luogo a ottenere cambiamenti in meglio e interviene presso il pubblico senza giudizi, senza coercizioni e senza discriminazioni.
L’industria del tabacco, dal canto suo, ricorre al concetto di «riduzione del rischio» quando si tratta di sostituire un prodotto nocivo… con un altro prodotto nocivo. In altre parole, manipola il concetto per adattarlo alle sue strategie promozionali. Presentando i prodotti di tabacco riscaldato come «migliori per la salute», cerca semplicemente di attirare nuove consumatrici e nuovi consumatori.
L’industria del tabacco sfrutta la «riduzione del rischio» per vendere i suoi prodotti: ecco come
Negli ultimi anni l’immagine delle multinazionali del tabacco ha subito seri scossoni. Ora sanno benissimo di aver perso credibilità agli occhi del pubblico.
Tra i diversi tentativi per ridare splendore alla loro immagine, le multinazionali del tabacco hanno adottato il concetto di «riduzione del rischio», comunemente usato nel quadro delle politiche di salute pubblica, e lo hanno distorto per dare una giustificazione ai loro prodotti di tabacco riscaldato e promuoverne le vendite.
I dispositivi a tabacco riscaldato sono uno dei più recenti prodotti sui quali puntano i fabbricanti di sigarette. Sono apparsi sul mercato svizzero nel 2015 e da allora le multinazionali hanno mobilitato risorse considerevoli per nutrire tra il pubblico l’illusione che siano meno nocivi.
Pubblicità per il dispositivo IQOS apparsa sui media della Svizzera romanda
Philip Morris International, uno dei principali attori di questo mercato, ha investito massicciamente per promuovere i suoi prodotti di tabacco riscaldato IQOS/ILUMA, giungendo persino ad assoldare la ricerca scientifica per manipolarne i risultati.

È così che un articolo sovente citato dai fabbricanti per sostenere che i prodotti di tabacco riscaldato sarebbero meno nocivi delle sigarette convenzionali nella misura del 95% è stato direttamente sponsorizzato dalla «Fondation pour un monde sans fumée», ossia un organismo istituito e finanziato proprio da Philip Morris International.

Esempi di pubblicità per IQOS che cercano di sfruttare la «bugia del 95 %»
Shiro Konuma, un tempo impiegato di Philip Morris International, ha dato l’allerta e conferma:
«Non una sola ricerca indipendente ha dimostrato che IQOS sarebbe migliore per la salute. Bisogna guardare chi finanzia queste ricerche. »
Le stesse tattiche menzognere sono utilizzate per far credere che la sigaretta elettronica sia uno strumento di riduzione del rischio. Secondo un articolo apparso sulla rivista European Addiction Research, rispetto alle persone che fumano sigarette convenzionali, quelle che fumano sigarette elettroniche correrebbero un rischio inferiore del 96%. L’articolo, che non fornisce alcuna prova tangibile, è firmato da David Nutt, Martin Dockrell, Karl Fagerstrom e Riccardo Polosa, tutti nomi legati all’industria del tabacco. Ed è l’industria del tabacco che ha finanziato questa pubblicazione. In sostanza, la «riduzione dei rischi del 95%» è solo una mascherata pseudo-scientifica. La teoria della «riduzione del rischio» avanzata dai fabbricanti è ingannevole e solleva numerosi problemi di salute pubblica, come sottolinea la Società europea di malattie respiratorie.
In una prospettiva di salute pubblica, la riduzione del rischio è dettata da considerazioni etiche. L’obiettivo che persegue è attenuare i problemi sociosanitari legati al consumo di prodotti del tabacco. L’industria del tabacco, invece, mira semplicemente a massimizzare i suoi profitti. I due approcci sono inevitabilmente incompatibili.
«I prodotti di tabacco riscaldato e il cosiddetto tabacco ‘senza fumo’ (ossia consumato per via orale o nasale) inducono dipendenza e sono cancerogeni proprio come le sigarette convenzionali. Dobbiamo evitare che il dibattito attorno ai cosiddetti ‘nuovi prodotti del tabacco’ ci distolga dal nostro obiettivo principale, ossia promuovere normative efficaci per ridurre il tabagismo e aiutare le persone che desiderano smettere di fumare».
Prof. Charlotta Pisinger, rappresentante della la Società europea di malattie respiratorie
La questione centrale
I prodotti di tabacco riscaldato non costituiscono un’alternativa più sicura alle sigarette convenzionali e non vi è un livello di esposizione che possa essere considerato innocuo. Inoltre, non vi è alcuna prova che i prodotti di tabacco riscaldato aiutino a smettere di fumare. Al contrario, aumentano il rischio che la fumatrice o il fumatore consumi entrambi, ossia le sigarette convenzionali E i dispositivi a tabacco riscaldato.
